TORINO 1906 Le commemorazioni per il bicentenario dell'assedio

Nei prossimi mesi, il terzo centenario dell’assedio di Torino sarà ricordato con una mostra, un convegno ed altre iniziative. Cent’anni fa la nostra città celebrò il fatto d’armi con una solennità ed un trasporto che non vanno dimenticati. Nei primi anni del Novecento, Torino contava 360.000 abitanti, aveva superato la crisi seguita al trasferimento della capitale e si stava affermando come importante città industriale.
I giornali dell’epoca descrivevano il grande successo degli spettacoli del circo di Buffalo Bill, ma non trascuravano le lotte degli operai impegnati a difendere il diritto di lavorare non più di dieci ore al giorno. Dal mese di maggio, i quotidiani iniziarono ad interessarsi delle manifestazioni indette per celebrare il secondo centenario dell’assedio del 1706. Il 13 maggio, nel corso di un’importante adunanza della Regia Deputazione di Storia Patria alla Mole Antonelliana, politici e studiosi proposero incontri e pubblicazioni, poi festeggiarono le loro iniziative con un buon pranzo al Ristorante Molinari di Porta Nuova.
Furono indetti festeggiamenti al Borgo Nuovo, con un banco di beneficenza allestito in una fantasiosa ricostruzione del Maschio della Cittadella, nei pressi di una altrettanto fantasiosa riproposta della casa di Pietro Micca. Alla fine della primavera, al Valentino, si conclusero i lavori di allestimento del Panorama della Battaglia di Torino del 1706 al quale avevano lavorato importanti artisti come Giacomo Grosso e Davide Calandra
Dal portale ideato dall’ingegner Riccardo Brayda, simile a quello delle antiche fortezze e semidiroccato dalle cannonate, si entrava in un grande padiglione cilindrico nel quale erano effigiate le ultime fasi dei combattimenti, quando ormai l’esito della battaglia era segnato. Lo spettatore, salito su di una piattaforma centrale, poteva osservare la scena come avrebbe potuto vederla dal vero se si fosse trovato – all’epoca – nella zona della Madonna di Campagna. In primo piano vi erano modelli di alberi, case diroccate, cannoni ed attendamenti; tra questi erano poste le figure in gesso di cavalli, soldati, popolani e non mancavano i frati intenti a soccorrere i feriti e ad assolvere i morenti. Tutto intorno, il grande dipinto cilindrico rappresentava con accuratezza la Cittadella e la città di Torino, alle quali facevano sfondo colline e montagne splendidamente riprodotte.
A cavallo di agosto e settembre, l’attenzione del Comitato organizzatore, si spostò verso Sagliano, paese di Pietro Micca. Il 25 agosto la casa natale dell’Eroe fu dichiarata monumento nazionale e il 2 settembre fu indetto un pellegrinaggio al quale parteciparono il Sindaco di Torino ed altre autorità, scortate «da un mazziere e due valletti municipali, in tenuta di gala». Non mancarono i discorsi ufficiali, un pranzo per milleduecento persone ed uno spettacolo pirotecnico.
Sempre agli inizi di settembre, a Torino, furono inaugurati i due altorilievi collocati sulla facciata della chiesa della Salute per ricordare il Duca Vittorio Amedeo II ed il Principe Eugenio di Savoia-Soissons. Voluti dalla Regina Margherita, erano stati modellati da Luigi Calderini e realizzati da Andrea Bonino
Il 6 settembre la Città era in pieno fermento. I balconi erano imbandierati e gli organizzatori delle manifestazioni si attivarono per coordinare l’arrivo dei rappresentanti di centonovantaquattro città italiane e delle Associazioni nazionali civili e militari.
Il giorno dopo, alle dieci, il Sindaco Secondo Frola si recò alla Mole Antonelliana per accogliere il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena; stava per iniziare la commemorazione ufficiale dell’assedio. L’onorevole Arturo Vecchini, deputato di Ancona, tenne un discorso un po’ lungo ed inevitabilmente velato di retorica patriottica, che però commosse il pubblico e colse vivi applausi.
Successivamente i Sovrani e le autorità si accomodarono su carrozze di gala che li portarono in piazza Castello, per salire su tre treni speciali diretti a Sassi. Di qui proseguirono per Superga dove, nel primo pomeriggio, l’Arcivescovo di Torino Agostino Richelmy officiò una funzione di suffragio. Alle quindici tutti i convenuti si raccolsero nel chiostro della Basilica dove fruirono del buffet signorilmente servito dalla Ditta Molinari ed Aschieri. Ma un più ambito impegno gastronomico doveva impegnare le ottantatré autorità civili e militari invitate al «pranzo di corte» delle venti e trenta. Anche il popolo visse una piacevole serata, passeggiando tra le luminarie cittadine.
Il giorno dopo, l’otto settembre, i Sovrani uscirono dal Palazzo Reale alle nove per recarsi alla Madonna di Campagna ed inaugurare una lapide all’interno della chiesa ed il monumento alla Patria modellato dallo scultore Bistolfi. All’inaugurazione seguì la messa officiata da Monsignor Spandre e, nel pomeriggio, i Sovrani si recarono al Valentino per visitare il Panorama. Le altre autorità si divisero equamente tra una processione alla Consolata, un corteo con deposizione di corona al monumento a Pietro Micca ed un pranzo popolare con seicento intervenuti. Alla sera, un formidabile spettacolo pirotecnico richiamò centomila persone. Si sfidarono i tecnici Tombolini, Masciarelli e Chiabotto.
Di particolare importanza fu il pellegrinaggio popolare del 9 settembre a Superga. La partecipazione fu tale da travolgere del tutto l’organizzazione. Migliaia di cittadini e centinaia di associazioni intasarono la stazione della funicolare a Sassi e molti, stufi di «arrostire al sole settembrino, non velato dalla più tenue nuvoletta», con una temperatura che il cronista della «Stampa» definì «congolese», intrapresero la salita a piedi.
Con il pellegrinaggio si conclusero, di fatto, le commemorazioni per il bicentenario dell’assedio. I giornali non parlarono più dell’argomento fino al 30 novembre, quando diedero notizia che il Panorama della battaglia sarebbe stato aperto per gli alunni delle scuole lungo tutto l’anno 1907. Sempre nel novembre del 1906 fu inaugurato, a Lucento, il monumento «La Pace» modellato da Luigi Calderini. Nonostante le ricerche, non si ha più alcuna notizia del gruppo statuario. Ne sono rimaste solo delle immagini ed i calchi in gesso di due figure, munificamente donati dalla famiglia Calderini al Museo «Pietro Micca» di Torino.

Piergiuseppe Menietti