di Fabrizio Ferrari
Pasi Sahlberg risponde molto semplicemente a chi gli chiede come faccia la Finlandia a individuare le cattive scuole o i cattivi insegnanti per poter intervenire e mantenere un così alto livello di qualità del sistema d’istruzione: “Non li abbiamo - afferma semplicemente -, in Finlandia non abbiamo cattive scuole o cattivi insegnanti”. L’ultima rilevazione OCSE PISA gli dà ragione: a fronte di una spesa per l’istruzione fra le più basse a livello europeo e altrettanto basso orario di lavoro per gli insegnanti, la Finlandia mostra uno dei migliori sistemi d’istruzione tra paesi OCSE e comunque il migliore a livello europeo. La professione insegnante nel paese scandinavo è fra le più ambite, in particolare per la scuola primaria, le retribuzioni sono adeguate e il percorso di studi e di accesso alla professione, altamente qualificante, ha reso forti le conoscenze in quasi ogni campo del sapere e, di conseguenza, il paese altamente competitivo a livello mondiale.
La Finlandia non ha sempre avuto risultati così lusinghieri: negli anni ‘70 era la cenerentola in Europa, ma l’interesse sociale e politico per l’istruzione hanno saputo riformare il percorso esistente e in trent’anni, ha saputo trasformare l’istituzione scolastica, arrivando ai risultati lusinghieri che oggi conosciamo.
Due altre considerazioni: nel sistema d’istruzione finlandese è espressamente vietato valutare gli alunni prima del 5° anno della scuola primaria; ciò significa che gli studenti e le studentesse sono liberi di apprendere secondo i loro tempi fino ai dodici anni. Infine, non esiste un sistema di valutazione degli insegnanti legato alla carriera o allo stipendio. La Finlandia ha fiducia nei suoi insegnanti e ogni indagine su di loro ha il solo scopo di indirizzare le politiche scolastiche. A questo proposito bisogna tuttavia sottolineare quanto sia particolarmente selettivo il percorso per arrivare all’insegnamento, e solo chi è molto motivato e preparato arriva alla professione.
Le differenze con il nostro sistema scolastico sono numerose e le riflessioni altrettante. Ciò su cui desidererei in particolare soffermermi è la strada possibile per migliorare il sistema d’istruzione: se esiste la capacità da parte di ognuno (insegnanti, società civile, governo) di assumersi la responabilità dello status quo e delle scelte politiche e professionali compiute e da compiere, di individuare obiettivi chiari e perseguirli nel medio e lungo termine con una sinergia di intenti e la voglia di ascoltare e agire, ogni traguardo diventa raggiungibile.
A tale riguardo, le importanti lezioni della Finlandia sono due: un modo di fare politica in grado di puntare sulla qualità e sostenibilità dell’istruzione pubblica, e la scommessa del paese di credere in ogni insegnante e di generare in lui o lei autostima e fiducia nella propria professionalità, preparazione. Quest’ultimo aspetto si traduce in quella che gli anglosassoni definiscono l’accountability, ovvero la capacità di assumersi la responsabilità delle scelte fatte e renderne conto nell’ambito della propria istituzione.
In Italia la situazione è purtroppo molto diversa un po’ da ogni punto di vista, ma le associazioni professionali, in questi tempi di politiche scolastiche confuse e poco attente agli obiettivi, stanno cercando di contribuire all’innalzamento del livello d’istruzione non in ruolo suppletivo, bensì con uno spirito di ricerca per illuminare una via da seguire e rendere agli insegnanti il loro diritto a un riconoscimento professionale e a una formazione all’altezza della complessità sociale in cui sono chiamati a operare.
Con quest’ottica e la bussola alla mano, presso l’Associazione Magistrale Niccolò Tommaseo in Torino abbiamo individuato come obiettivo prioritario la capacità propria di ogni insegnante di riflettere sulla professionalità e sulla disposizione a collaborare e cooperare con i colleghi e le colleghe per affrontare la responsabilità delle scelte da compiere.
A partire dal 2007 si è così avviato, con alcune scuole di Torino e cintura, un percorso di ricerca finalizzato alla riflessione sulla professionalità insegnante, cercando di riscoprire nei docenti la capacità di essere ricercatori su se stessi e all’interno della scuola, riflettendo innanzitutto sulle competenze necessarie per affrontare il proprio ruolo oggi.
Il progetto, durato più di tre anni, si è concretizzato attraverso un questionario con domande stimolo, raggruppate in otto aree tematiche, ognuna dedicata a un diverso aspetto della professione insegnante. Nel tempo a questo strumento di autovalutazione e riflessione, se ne sono aggiunti altri due, rispettivamente indirizzato alle studentesse e studenti, e alle loro famiglie, per raccogliere, in forma anonima e assertiva, informazioni utili a guidare ulteriormente la ricerca. Insieme questi tre questionari, diventati uno strumento unico e organico, hanno permesso di soffermarsi sulle competenze, sulle sicurezze o sugli aspetti più critici e di difficoltà di insegnanti e scuola, senza avere la pretesa di esprimere un giudizio di valore.
Un secondo aspetto del progetto sul quale abbiamo particolarmente insistito, è stata la capacità della scuola di essere comunità e di fare rete al suo all’interno. Abbiamo ritenuto fosse importante il dialogo tra colleghi e colleghe, per affrontare insieme le sfide, le difficoltà e i successi, vedendo la cooperazione e la collaborazione come un valore necessario per affrontare le sfide di una complessità crescente e dove le certezze, a cominciare da quelle normative, vacillano in modo preoccupante.
I risultati raccolti sono stati molto gratificanti. In ogni scuola si è affrontato il percorso con impegno e coinvolgimento; al termine, nel settembre 2011, si è svolta un’attenta riflessione sui dati, sia a livello individuale, sia attraverso un dialogo virtuoso e collettivo, arrivando fino alla presa di consapevolezza da parte del collegio delle riflessioni avanzate e della realtà emersa.
La capacità di ogni insegnante di mettere continuamente in discussione se stesso senza doversi sentire giudicato o temere un eventuale giudizio negativo, nonché la costruzione di una rete di relazioni professionali fatta di dialogo e confronto professionale in un ambiente virtuoso e non giudicante, sono stati la forza del percorso che cercheremo di valorizzare come buona pratica nata dalla scuola e sviluppata nella scuola attraverso l’associazionismo.
Purtroppo le istituzioni oscillano in un contesto di assenza di politiche chiare e virtuose, e sembrano sorde alle richieste di poter avviare un serio confronto in grado di fare tesoro delle numerose e diverse esperienze che gli e le insegnanti hanno portato avanti in diversi decenni di attività, anche attraverso le associazioni professionali.
La Finlandia è sicuramente un paese molto lontano, geograficamente parlando, ma la sua esperienza può insegnarci molto e, se si riuscisse anche in Italia a coniugare la realtà viva e vivace della competenza che molti insegnanti dimostrano dentro le scuole, a una politica scolastica illuminata, si farebbe un gran bene al futuro del nostro amato paese.
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