La storia e l'opera dell'Associazione "N. Tommasseo"

Desideriamo qui oggi iniziare a ripercorrere la storia della Tommaseo con una serie di articoli apparsi molti anni fa a firma di Riccardo Gervasio che ci raccontano la nascita e la vita dell’Associazione dalle origini. Gli articoli si concluderanno con le note di Mario Manfredi.

Un opuscoletto anonimo dal titolo «Associazione Nazionale Italiana Nicolò Tommaseo» edito nel 1915, contenente due capitoletti di note storiche, oltre uno Statuto sociale generale ed un modello di Statuto di sezione, ed un denso articolo di Fernando Manzotti, pubblicato nel fascicolo di ottobre– dicembre1965 del periodico «Rassegna storica del Risorgimento», ci aiuta a ricostruire a grandi linee, ma con obiettiva fedeltà, l’iter dei primi anni di vita del nostro sodalizio, che celebra quest’anno il sessantennio di fondazione.

Prima che sorgesse in Italia una società magistrale unitaria ispirata a principi cristiani, già esistevano localmente la Lega Nazionale di Milano, l’Associazione Pedagogica di Vercelli, l’Unione Magistrale di Bergamo e la Lega degli Insegnanti Cattolici di Brescia, di cui era portavoce la rivista «Scuola Italiana Moderna».

Lo slogan dell’azione comune, della solidarietà, sbandierato insistentemente dalle organizzazioni sindacali e progressiste, fece presa anche sull’animo dei maestri italiani, di quelli altresì che, al di fuori e al di sopra delle preoccupazioni di carriera, si sentivano impegnati nella difesa del comune sacro patrimonio di idealità. Fu così che nel 1901 si affermò in campo nazionale l’Unione Magistrale, alla quale aderirono insegnanti di tutte le tendenze e che ebbe vita appunto con la convergenza delle organizzazioni già costituite. La professione di scrupoloso rispetto delle convinzioni personali e d’indipendenza da ogni legame politico fatta dall’on. le Credaro, con ferma convinzione, al congresso di Bologna, riuscì a convincere perfino i religiosi che esercitano la professione dell’insegnamento.

Ma forse l’Unione non nacque sotto buona stella, se fin dai primi tempi si manifestarono sintomi d’intransigenza e di estremismo, d’insofferenza e di malcelate ambizioni.

Nel congresso nazionale di Perugia del 1904 i cattolici scorsero nei deliberati del medesimo una presa di posizione che ritennero incompatibile con la linea di neutralità garantita dallo Statuto sociale, anzi una manifesta volontà di aderire alla Confederazione Naz.le del Lavoro, di attuare l’insegnamento laico e di accogliere i principi professati dai liberi pensatori. Analogamente accadde nel congresso di Cagliari del 1905, onde la battagliera S.I.M. di Brescia passò alla riscossa e diede l’avvio ad un’accesa polemica che doveva condurre alla secessione della corrente minoritaria.

I dissidenti, riuniti a Milano nel marzo 1906, discussero ed approvarono un nuovo Statuto redatto da Filippo Meda e l’8 luglio successivo, «in omaggio al grande educatore e filosofo dalmata, che aveva sì bene armonizzati i sentimenti di Patria e di Religione», issarono la bandiera d’un sodalizio autonomo che prese il nome di Nicolò Tommaseo. Nella sede del capoluogo lombardo si formò allora il Consiglio direttivo, con la partecipazione dei maestri Paolo Carcano (segretario), Maria Magnocavallo e Carlo Zanoni (cassiere) milanesi, del prof. Ettore Arduino e del M° Ulderico Franchi di Bergamo, del D.D. don Vincenzo Donagemma di Verona, dell’ispettore scol. Domenico Dona di Torino e dei maestri Ilario Facco di Genova, don Francesco Vaccarino di Livorno Vercellese, Alfonso Grasso di Cuneo: tutti... nordisti.

A due anni dalla sua origine, l’Associazione contava 7000 iscritti e dimostrava la propria vitalità indicendo i congressi di Milano, nel 1907, e di Venezia, nel 1908. La sua azione puntava, oltre che sulla difesa degl’interessi morali ed economici della categoria, al fattivo incremento dell’istruzione e dell’educazione popolare sulla base dei principi cristiani (art. 1 dello Statuto) e sui «due motivi tradizionalmente cari ai cattolici: la libertà della scuola e l’insegnamento della religione». Sennonchè la politica, cui aveva dato l’ostracismo per mantenersi coerente nella formulazione dei suoi postulati e che poco prima era stata causa del distacco dall’Unione, ebbe infine ragione, sia pure per forza di cose, della sua puritana intransigenza ideologica e riuscì a tingere di colore partigiano il suo vessillo. Di qui nacquero le competizioni elettorali, esasperate dalle campagna di stampa, e gli atteggiamenti estremisti, confessionali da un lato e di tendenza sovversiva dall’altro, che si scontrarono più volte nel campo pratico per la scelta di quei metodi che avrebbero dovuto condurre alla soluzione dei comuni problemi di fondo: incremento della scuola rurale; lotta all’analfabetismo; scuole normali; Monte Pensioni; parità di stipendio; scuola di Stato e scuola Comunale...

Il Fogazzaro denunciò come controproducente l’accanimento oltranzista di taluni tommaseisti di punta, contrario allo spirito religioso liberale e conciliante del grande dalmata, che si era fatto paladino d’una concezione non formale ma più umana dell’insegnamento catechistico nella scuola primaria.

E nel congresso di Venezia gli fece eco, con assennate considerazioni, il prof. Luigi Olivi, dichiarando esplicitamente che la religione deve portare nel mondo dell’infanzia «il soffio ispiratore e ordinatore di tutta l’attività avvenire del fanciullo».

In merito al controverso problema della Scuola Comunale o di Stato si crearono in seno alla Tommaseo due orientamenti risolutivi non facilmente conciliabili: quello formulato dal presidente dell’associazione (l’on. Baslini, non maestro, esponente del gruppo bresciano legato a S.I.M.), propenso all’avocazione della scuola primaria all’amministrazione provinciale, e quello rappresentato dai M.i Zanoni e Carcano, sostenitori del principio bandito dal giornale cattolico bolognese «L’Avvenire d’Italia» che affermava: «La Tommaseo non è nata per tradire il concetto dell’autonomia e della libertà d’insegnamento».

Quantunque estraneo al movimento dei maestri tommaseisti, si schierò con questi ultimi il prof. Giuseppe Toniolo, avvalorando con la sua autorità la preferenza da loro accordata alla gestione comunale autonoma della scuola dell’obbligo come più sicura garante delle auspicate libertà. Nè mancò l’approvazione del card. Merry Del Val, segretario di Stato di Pio X, l’appoggio fattivo di Giuseppe Allievo, pedagogista di valore, e perfino il consenso d’un pronipote del filosofo e filologo dalmata, don Antonio Tommaseo, il quale tra l’altro non nascondeva la sua avversione per un presidente politico, cioè impegnato nell’attività parlamentare. Ed i fatti gli diedero ragione.

(...continua...)